Scoprire l’Arte con le mani
Per accedere alle meraviglie delle arti non occorre necessariamente vedere. Lo dimostrò nel Novecento lo scultore Constantin Brâncuși il quale sfiorava le proprie sculture ad occhi chiusi, immedesimandosi in un ideale spettatore non vedente con la Scultura per ciechi, sua reinterpretazione dell’Astrattismo. Tactum è la performance corporea che svela il profondo potere dei sensi, capaci di raggiungere la mente con riferimenti altri. Agnese Lanza e Giuseppe Comuniello sono i danzatori e ideatori di questa virtuosa espressione d’arte, dove le mani diventano occhi e il gesto linguaggio.
Come nasce il progetto Tactum?
A.L. L’idea di Tactum è nata a Londra mentre osservavo le opere esposte al British Museum con mio padre. Pensammo che sarebbe stato bellissimo poterle sfiorare, compiere una piccola azione vietata (in origine il progetto si chiamava “Vietato Toccare”) per osservare come il corpo si modifichi in quell’atto, originando una danza dettata dall’esplorazione tattile. Proposi agli Uffizi un’idea video, mi chiesero di realizzarla sotto forma di performance in occasione della giornata mondiale della disabilità, nel 2018. Avevo da poco conosciuto Giuseppe Comuniello alla compagnia di Virgilio Sieni. Giuseppe è un danzatore non vedente e pensai che la sua sensibilità ed esperienza sarebbero state fondamentali, come interprete e coordinatore del laboratorio che si svolge dopo la performance.
Qual è il luogo più significativo dove vi siete esibiti?
A.L. La Galleria degli Uffizi, non solo per il valore del museo e dell’opera che abbiamo toccato (L’Arianna Addormentata nella Sala di Michelangelo) ma anche perché è stato il primo esperimento in cui ci siamo resi conto che il progetto, nella sua semplicità, funzionava.
Quali reazioni dei partecipanti vi hanno sorpreso di più?
G.C. Il toccare le opere lasciando che il corpo possa prendersi un tempo per esaminarle e farle proprie.
A.L. Mi ha stupito come le persone non siano mai restie a toccare. Tutti si avvicinano all’opera con rispetto e un pizzico di soggezione, mostrando il desiderio di entrare in contatto fisico. I bambini sono quelli che vivono questa vicinanza in modo più spontaneo, negli adulti, anziani e adolescenti percepiamo una trasformazione nel modo di interagire, percepire e assimilare l’esperienza artistica.
La sintonia tra performer è fondamentale. Seguite uno schema o è improvvisazione?
A.L. Tactum ha una struttura che si ripete. L’opera viene prima toccata con lentezza, il corpo vi aderisce. Ce ne stacchiamo lentamente portando la danza dall’opera all’aria, per ritrovarsi nel corpo dell’altro e tornare al tocco iniziale. I movimenti cambiano ogni volta in base a cosa sfioriamo; ci facciamo ispirare da forme, dimensioni, temperatura. La sintonia avviene attraverso l’ascolto, non solo fra me e Giuseppe, ma dello spazio in cui ci troviamo, dell’opera e del musicista (Lorenzo Manzotti) con cui collaboriamo.
Come cambia il rapporto tra l’oggetto e lo spazio?
C.C. L’idea di un’opera fisica scultorea rende tutto molto più accattivante e semplice per me, lavorarlo e renderlo parte di una coreografia. Cerchiamo di far vivere l’opera in tutto lo spazio, senza essere troppo didascalici nel movimento.
Giuseppe, quale scultura o artista ti emoziona particolarmente?
G.C. La Pietà di Michelangelo è l’opera su cui vorrei lavorare, ma quella non conclusa. Mi affascina il fatto che sia incompleta e che lasci ancora tantissima libertà di immaginazione.

Cosa restituisce di prezioso a voi danzatori questa performance?
A.L. Ogni volta mi innamora toccare l’opera. Mi faccio trasportare dal tatto e lascio che il corpo ne diventi parte. Mi affascina il pensiero dietro l’idea del progetto, osservare i corpi delle persone che si lasciano modellare e scoprono cose nuove. Per loro alla fine della performance è difficile distaccarsi dall’opera. Hanno preso parte a qualcosa che ha modificato la loro percezione dell’oggetto, una danza istantanea personale, generata dal semplice gesto e di concentrazione collettiva.
G.C. Sicuramente la scoperta dell’opera in modo nuovo e particolare, in cui metti quello che ti appartiene di più, dunque il movimento, a servizio di qualcosa di statico che muta. Questa trasformazione regala tanto, modificare l’opera e renderla viva. Il movimento che nasce nei nostri corpi proviene dall’opera, la staticità da vita alla dinamica.
Foto: Andrea Salvatori per il Museo il Cassero