A Bit of Beetle: innovazione e comunicazione a favore della natura
Possono ecologia e tecnologia cooperare a favore della biodiversità? Il Museo di storia naturale La Specola, in prossimità dei suoi 250 anni, risponde a questa domanda inaugurando una nuova mostra dal titolo “A bit of Beetle” , un progetto di ricerca e sviluppo che associa scienza, innovazione e comunicazione in empatia con la natura.
Ideato e realizzato da We Rad, società benefit e agenzia di comunicazione verticale fondata da Bianca Borri, coordinatrice del progetto e creative director, con Matteo Chiti, a Bit of Beetle è un’esperienza immersiva e interattiva di sensibilizzazione alla biodiversità.

Partendo dall’analisi attiva di alcune specie di coleotteri, se ne sottolinea l’importanza per l’ecosistema, in particolare del “Polyphylla fullo”, noto come il maggiolino marmorizzato, specie protetta appartenente alla famiglia degli scarabei notturni. Il suo colore “criptico” gli permette di mimetizzarsi e utilizza le sue antenne come ricettori sensibili. Predilige colline e zone sabbiose, per questo il territorio fiorentino è adatto al suo sviluppo.
Il progetto, visitabile fino al 14 febbraio 2025, muove da un episodio preciso. A causa di lavori idraulici il loro sito riproduttivo, situato nel tratto del Lungarno Vespucci fin dagli anni ‘70, è stato distrutto. Qui i maggiolini avevano trovato il luogo ideale per depositare le loro uova e le larve terminavano le fasi di sviluppo nella sabbia, contribuendo alla decomposizione del legno e del materiale organico nel suolo. Il loro contributo nel cerchio della natura è il miglioramento del ciclo dei nutrienti. Si guarda con maestosità solo alle grandi cose, per questo motivo We Rad ha rappresentato l’esemplare Polyphylla fullo, minacciato dalla perdita del suo habitat, in grande scala attraverso la tecnologia del Videomapping, con cui è possibile mappare un oggetto tridimensionale e riprodurlo digitalmente, con software specifici e la scannerizzazione dell’originale. Design, creatività e tecnologia si intrecciano in un’interazione coinvolgente con il pubblico, che attraverso un processo di gamification può modificarne l’aspetto.

Bianca Borri, quanto tempo avete impiegato per la realizzazione di questo progetto?
Circa due mesi, sia per il sito web che per l’installazione, una volta definita l’idea è stata una commistione di competenze. Ci siamo serviti di conoscenze scientifiche grazie all’erpetologo Bernardo Borri e alla collaborazione tra tecnici, studiosi e creativi.
Quali difficoltà avete incontrato per svilupparlo?
Mettere insieme tanti partner con cui non avevamo mai collaborato e selezionare le idee. Il sound design dell’installazione per esempio, dove ogni stile ha una sua colonna sonora per coinvolgere il visitatore durante l’esperienza, è stato deciso alla fine. Il software su cui si basa l’installazione si chiama “Touchdesigner” e da la possibilità di creare effetti audio e video manipolati da un controller Midi (hardware di controllo). Lo abbiamo disegnato, stampato le manopole in 3d e assemblato la scheda.
È il primo progetto che realizzate sulla biodiversità?
No, abbiamo definito una regola presente nel nostro statuto per soddisfare alcuni bisogni. Ogni anno realizziamo progetti pari all’1% del fatturato dell’anno precedente in ricerca e sviluppo a favore di aziende, associazioni o altre realtà che tutelino l’ambiente e la cultura.
La meraviglia della natura può dunque rappresentare un connettore in un’epoca di frammentazione sociale.