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Intervista a Alisa Martynova vincitrice al World Press Photo Contest 2021

Intervista a Alisa Martynova vincitrice al World Press Photo Contest 2021

Vive e lavora a Firenze la giovane fotografa di origini russe che ha vinto il secondo premio di uno dei più importanti Contest fotografici al mondo.

Alisa arriva a Firenze nel 2019 quando decide di fare un viaggio per “abituarsi a vivere da sola” e dove frequenta un corso di fotografia analogica. Succede qualcosa nella sua vita: l’incontro con il mondo della camera oscura la rapisce, lo sviluppo delle pellicole, che definisce quasi un “processo alchemico“, la coinvolge a tal punto che l’anno dopo decide di trasferirsi a Firenze, per studiare italiano e entrare in una scuola di fotografia (Fondazione Studio Marangoni).

Alisa sei nata in Russia a Orenburg. Quale è il legame con la tua terra, il tuo paese?

Penso che tante volte il legame con le proprie origini è quello più difficile da spiegare come quando siamo innamorati di una persona. É un legame ovviamente forte, è parte del mio modo di vedere il mondo e anche di raccontarlo. Amo i poeti russi come Akhmatova, Brodsky.

Parlaci dei tuoi studi, ti sei laureata in Filologia, uno studio in cui risultano evidenti le connessioni e i legami profondi tra lingue e culture, superando i confini geografici. Cosa ti appassiona di questa materia?

Immagino che la mia passione per le metafore e significati nascosti in parte viene dai miei studi in Filologia. Mi piaceva veramente scovare in un certo senso le opere degli scrittori, la mia tesi di laurea si intitolava “Artist and Poet” e analizzavo la simbologia nelle opere dei Preraffaelliti a confronto con le loro poesie. Mi affascinava anche l’origine delle lingue e il mistero di formazione delle culture, quasi tutte il frutto di uno scambio continuo.

La fotografia come mezzo espressivo era già presente nella tua vita anche durante gli anni dell’Università? Ci racconti come ci sei arrivata, come hai iniziato?

In realtà all’Università non facevo le fotografie, ero immersa nella lettura e nell’apprendimento delle lingue. Recitavo in un teatro sperimentale e quando ho dovuto lasciarlo, mi sono buttata nel mondo del cinema. Guardavo due, tre film ogni sera e così ho pensato che forse mi sarebbe piaciuto diventare una regista. Per provare, nell’estate 2014, mi sono iscritta un corso intensivo di filmmaking a Praga. Poi nel 2019 ho deciso di partire per crescere e sono arrivata a Firenze.

Sei nata a Orenburg una città della Russia che sorge al confine tra due continenti. Il ponte sul fiume Ural unisce due mondi, l’Europa e l’Asia. Il tema che hai scelto per partecipare al World Press Photo Contest 2021 racconta il fenomeno della migrazione, in particolare di quella africana verso l’Italia. Pensi sia casuale la scelta di rappresentare attraverso la fotografia l’esperienza della migrazione o è stato un modo per dar voce anche ad un momento importante di cambiamento della tua vita?

Ho provato quello che, immagino, sentono tutte le persone quando cominciano una nuova fase della loro vita, è stato un momento di grande emozione ma anche di paura. La mia scelta di raccontare la migrazione non è stato un modo per dar voce alla mia storia, tuttavia probabilmente mi ha aiutato ad avvicinarmi alle persone che ho ritratto. Ritengo che qualsiasi cosa decida di raccontare un artista nella sua opera fa parte delle sue esperienze e gli permette di avere una sensibilità diversa verso l’argomento aiutandolo a svilupparlo.

Parliamo della tua partecipazione al Photo Contest 2021. Hai deciso di parlare di migrazione attraverso i volti e anche i luoghi. La migrazione ha un fortissimo legame con l’elemento terra, che coinvolge il corpo ed è spostamento fisico, allontanamento, abbandono. Hai rappresentato una parte del tuo lavoro portandolo nell’universo, immaginando uno scontro tra galassie che scagliano lontano le loro stelle. Perché?

Il mio metodo di lavoro include tanta ricerca, storica, scientifica e antropologica. Ho passato molto tempo parlando con i ragazzi che hanno fatto parte del progetto, approfondendo l’argomento attraverso libri e articoli, incontrando psicologi e persone che lavorano nel campo. I sentimenti emersi da questi incontri erano spesso contraddittori: sentirsi smarriti ma decisi, vulnerabili ma determinati, terrorizzati ma fiduciosi. Molti di loro si sentivano traditi e persi in mezzo al nulla. Allora ho cercato di trovare una metafora che potesse rappresentare questi sentimenti. Lo Spazio è qualcosa che evoca un insieme di sentimenti contrastanti: eccitazione, curiosità, terrore, è comunemente associato al limbo, abbraccia il futuro e l’ignoto.

Foto vincitrice del secondo posto nella sezione Ritratti, Photo Contest 2021.

Dalle tue immagini arriva un messaggio forte di disorientamento, isolamento, perdita di identità (il ragazzo che si copre il volto), luoghi anonimi senza effetti personali che spesso sono anche disabitati. In molte di queste immagini il rosso è uno dei colori più utilizzato. Ci spieghi quali tecniche hai utilizzato?

Quello che mi affascina della fotografia è la possibilità di creare nuovi mondi con l’aiuto della luce, è una specie di passaggio spazio-temporale. Il rosso è il colore che tiene insieme due temi principali del progetto. Nelle culture africane il rosso è spesso il colore primordiale associato al sangue e al pericolo ma anche all’energia. Alcune delle stelle sfuggite dalle loro galassie diventano rosse a causa dell’invecchiamento. I simboli racchiusi nelle fotografie arrivano dai racconti delle persone ritratte, le loro storie di vita, dai sogni, dagli incubi.

Una domanda riguarda ovviamente la Fondazione Studio Marangoni. Un percorso di tre anni è lungo, si condividono giornate, mesi, anni, insieme a persone che lasceranno un segno importante nella tua vita e nella tua professione. Si imparano tecniche del mestiere ma si mettono a punto anche nuovi obiettivi e aspirazioni. Se dovessi immaginarti tra dieci anni dove vorresti essere?

La Fondazione Marangoni ha un grande posto nel mio cuore, è stato un luogo dove si imparava a sperimentare liberamente, a mettersi in discussione, a difendere il nostro lavoro. Per me è veramente difficile pensare a dove vorrei essere fra 10 anni, se penso al fatto che 10 anni fa non sognavo nemmeno di trasferirmi in Italia e intraprendere la carriera fotografica, preferisco non fare piani così lunghi.

Cosa è cambiato nella tua vita dopo la premiazione del World Press Photo Award?

Oltre alla gratificazione personale, mi sento più responsabile per le storie che decido di raccontare e capisco che il mio lavoro è importante non solo per me ma soprattutto per gli altri.

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