A Villa Bardini il secondo appuntamento sui Grandi fotografi del Novecento dedicato a Mimmo Jodice. Dal 1964 al 2011: indagine sociale, introspezione e metafisica in ottanta scatti.
Tra le foto della mostra anche gli scatti che Mimmo Jodice realizzò alla fine degli anni ‘ 80 per il volume “Michelangelo scultore” curato da Eugenio Battisti e pubblicato da Guida Editori nel 1989. Le fotografie, frutto della lunga ricerca di Mimmo Jodice sulla scultura e in particolare sui volti, estratti dal contesto e fissati in una dimensione unica, furono esposte solo nel 1990 a Napoli, a Palazzo Serra di Cassano.
Dopo la mostra su Lisetta Carmi, anche il secondo appuntamento sui Grandi fotografi del Novecento delle Gallerie d’Italia Intesa Sanpaolo, ci sorprende con l’esposizione dedicata a Mimmo Jodice, per la prima volta in mostra a Firenze. Mentre il glicine fiorito risale il giardino a Villa Bardini, all’interno delle sue sale le immagini di Mimmo Jodice accompagnano lo spettatore in un viaggio d’immersione nell’Io. C’è tempo fino al 14 luglio per ammirare le ottanta opere realizzate da Jodice tra il 1964 e il 2011, che ripercorrono i più importanti temi del suo lavoro artistico, suddivise nelle sezioni Anamnesi, Linguaggi, Vedute di Napoli, Città, Natura e Mari. Il tema di fondo che caratterizza la narrazione di un intenso linguaggio fotografico è la sperimentazione che da sempre per Jodice è una ‘zona di comfort‘. Dopo gli inizi, caratterizzati da una fotografia di indagine sociale, Jodice passa all’introspezione, con atmosfere rarefatte, preferendo alle variazioni del colore l’essenzialità del bianco e nero con il quale indaga il tempo, che agita e smuove i pensieri, e il mare, presenza vitale per l’artista, luogo di cura e di incontro tra sogno e realtà.
Dittico Eden, ©Mimmo Jodice.
Nelle vedute di Napoli si respira una personale inquietudine, lontana dal chiasso e dalla vivacità che caratterizza la città partenopea. Colpisce la sospensione del tempo, intrisa di nostalgia e solitudine, come se l’individuo se ne fosse appena andato, debba ancora arrivare o non sia mai stato, e la ricerca di un vuoto quasi metafisico che lo porterà a viaggiare in città come Boston, Parigi, San Paolo, Roma e Milano, quasi a voler trovare in esse un antidoto al caos e alla follia.
Nel periodo di contatto con le neoavanguardie internazionali degli anni ’60 si afferma la fotografia dei ‘tagli e degli strappi’ nata in anni fertili, di stimoli e confronti artistici, che hanno sempre attratto Jodice come uomo e come fotografo. In questo periodo integra lo scatto fotografico con altre pratiche, accentuando la grana della pellicola con acidi, sovrapposizioni e deformazioni.
Del tutto inedito è l’omaggio a Michelangelo, con i ritratti delle sculture scattati alla fine degli anni ’80 nelle Cappelle Medicee, fissandone l’energia e l’eleganza. I volti degli atleti della Villa dei Papiri sono una sorta di controfigura dell’uomo, che rimane nascosto dietro l’obiettivo, nel duplice ruolo di spettatore e autore. Il dialogo tra fotografia e scultura è vibrante e rende lo stile del fotografo visionario, con una forte tensione antropologica.
“Mimmo Jodice, Senza tempo”, curata da Robert Koch e con la collaborazione di Barbara Jodice, è un viaggio tra fissità e movimento tra chiaroscuri e bagliori che si fondono, come in un “isolario”, dove lenzuola stese al sole diventano nuvole al vento su un mare di luce. Una mostra che esiste in atemporalità e in un non luogo, in cui l’introspezione è la bussola per orientarsi in una dimensione intima e onirica.
Articolo di Gaia Carnesi. Foto Mimmo Jodice.