Il suo background musicale spazia dal cantautorato italiano al rock internazionale. Tirreno, ex chitarrista dei Marconisti, ci racconta la sua esperienza da solista.
In questi primi pomeriggi di Primavera abbiamo intervistato Leonardo Ceccarelli in arte Tirreno. Indossava occhiali scuri, da ‘sintomatico mistero’, per citare Franco Battiato, uno dei suoi musicisti di riferimento.
Partiamo con la prima domanda, di rito: perché Tirreno?
“Non amo dire che Tirreno sia il mio nome d’arte, piuttosto parla di un progetto solista, arrivato dopo qualche esperienza in un gruppo fondamentale per la mia crescita musicale.”
Prima di diventare Tirreno, Leonardo ha suonato come chitarrista nel gruppo dei Marconisti (quelli di Caronte, Luna, Tu). Descrive questo periodo come un’esperienza portatrice di confronto, fondamentale per la sua crescita musicale. Dopo lo scioglimento della band si accorge che quello che ha da dire può funzionare. Si mette al lavoro e inizia a scrivere testi suoi, sempre sostenuto dall’amico e produttore Neri Nardini (in arte Mollatemi) che lo aiuta sempre a realizzare il miglior vestito per le sue idee.


Ci racconta del suo background musicale familiare che ha esercitato un forte imprinting sulla sua formazione musicale: la madre con le canzoni di Battisti, Renato Zero, Dalla, De André e il padre ancorato ai Pink Floyd, ai Queen e ai Led Zeppelin. “Metteva a ripetizione Stairway to Heaven, perché non la ascoltava mai abbastanza…” dice sorridendo. E poi a salvarlo è arrivata la sorella, che ogni tanto condivideva una cuffia del suo lettore cd per sentire i Lunapop, Ligabue e Vasco.
Dopo questa lunga parentesi inizia a sentire il bisogno di avvicinarsi ad altri artisti, con sonorità più aperte. Paolo Conte e Franco Battiato gli offrono quell’ispirazione giusta per rimescolare i suoi testi con la musica. “Sono viziato nell’ascolto ma in alcuni momenti hai delle consapevolezze diverse. Anche per le canzoni succede come con i libri, li rileggi a distanza di tempo e ti danno altro”.
Per Tirreno la musica non è solo un’alternativa alla carriera di architetto o una passione meravigliosa, è un ‘canale di luce’. Scivolo-Altalena, uno dei quattro brani dell’EP uscito su Spotify a novembre (i produttori sono rimasti gli stessi Samuele Cangi e Tommaso Giuliani che hanno mixato i primi tre brani) racconta, con invidiabile leggerezza, la sua storia di ragazzino iperattivo.

“Non stavo mai fermo, facevo tutti i giochi al parco senza sosta. Dallo scivolo all’altalena, e poi di nuovo scivolo e altalena. Avevo difficoltà a gestire la rabbia e avevo bisogno di un canale per potermi non solo esprimere ma anche ascoltare”. Così la musica diventa un luogo di pace, dove si sente libero e può essere se stesso.
In Mille rondini, la canzone che ce lo ha fatto conoscere, parla di una rottura, una storia d’amore finita. Il brano è stato uno dei primi ad essere scritto. “Avevo dei ritornelli e qualche frase, ma non decollava. Poi Neri mi ha consigliato di strutturarlo in versione Pop e non cantautoriale. La giusta chiave espressiva è fondamentale per poter scrivere”.

Ma come nascono le canzoni di Tirreno? Flow empatico e flusso emotivo, da qui attinge le sue frasi, i suoi pensieri. Viaggiare è un altro momento creativo.
“Scrivo ovunque mi capiti, ad esempio sul cellulare sono pieno di appunti che salvo sotto le note Consigli per gli acquisti…” e scoppia in una risata.
In Piazza Miusskaya canta: «Sono nati tutti da uno sguardo». Gli chiediamo da dove è nata una frase così ermetica e allo stesso tempo intensa.
“È nata un giorno, quando ero con la mia ragazza e, guardandoci negli occhi, abbiamo cominciato a pensare ai nomi che avremmo voluto dare ai nostri figli. Con quelle parole ho voluto esprimere un atto d’amore totalizzante.”


Dove è stato realizzato il video?
“Con un mio amico che ha studiato regia siamo andati a Castagno d’Andrea, io, lui, la cinepresa e zero idee! Dopo un po’ che non ci veniva niente, siamo andati al circolino dove abbiamo bevuto un Negroni alle quattro di pomeriggio e dopo abbiamo girato e montato tutto in pochissime ore.”
Quanto è difficile per un giovane cantante emergere?
“Se hai soldi da investire riesci a partire bene, come in tutte le cose, sennò arrivano i problemi. Firenze non è una piazza aperta ai debuttanti, trovare spazi non è semplice perché molti locali si affidano ad agenzie esterne o comunque a personaggi noti che garantiscono un certo pubblico. Ci vuole pazienza, non è scontato.”
La nostra rivista parla di Firenze come spazio urbano in evoluzione. Ti sei laureato da poco in Architettura e stai per iniziare la tua carriera di professionista. Se tu potessi, cosa cambieresti di questa città?
“Firenze ha un nucleo identificativo, il suo centro, e va conservato. Nell’estensione dello spazio urbano invece potrebbe spingere di più, si potrebbe creare una rete fuori dalla città storica, costruire nuove ‘centralità’ in periferia. Sicuramente ci sono pochi spazi per i giovani. Durante la pandemia, quando le biblioteche delle Facoltà erano chiuse, abbiamo cercato spazi alternativi dove ritrovarci ma non li abbiamo trovati. Gli unici luoghi di ritrovo per noi sono quelli in cui ci si incontra la sera ma durante il giorno c’è davvero poca scelta.”


I generi musicali, le etichette condizionano le scelte di un artista. Secondo te quanto è giusto mantenersi coerenti, distinguere i testi e la musica in base al genere in cui ci si identifica?
“I generi musicali sono una esigenza di chi descrive, dei critici, di chi parla di musica perché ha bisogno di un linguaggio comune.
Chi è esordiente ha la fortuna di poter essere libero da questi condizionamenti. Personalmente sono più attento alle sonorità, ma non voglio definire la mia musica. Penso che un vero artista debba avere il coraggio, anche quando è sotto un’etichetta, di portare avanti le sue idee, le sue sperimentazioni, di azzardare qualcosa di diverso da ciò che gli viene richiesto dalla produzione.”
Programmi per il futuro prossimo?
“Sicuramente voglio fare esperienze, spostarmi, cambiare città, ampliare le mie conoscenze. Credo che mi trasferirò a Milano, è una città europea. Mi incantano i palazzi, tutti altissimi, spesso mi metto a contare i piani dei grattacieli…non finiscono mai”.
Prima di salutarci ci confida che sta preparando già dei brani per l’estate i cui titoli sono top secret e che presto tornerà a suonare a Firenze. Quindi occhio agli eventi!

E se ne va via, piano piano, tra le prime rondini che annunciano la Primavera…
(articolo di Valerio Cianferoni)