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Stromboli ‘il faro del Mediterraneo’ sotto osservazione.

Stromboli ‘il faro del Mediterraneo’
sotto osservazione.

Un progetto internazionale messo a punto da INGV e Laboratorio di Geofisica dell’Università di Firenze per monitorare terremoti e tsunami e allertare in tempo gli abitanti dell’isola.

La presenza diffusa di vulcani in Italia è una delle caratteristiche geografiche e fisiche più rilevanti, da sempre al centro di continue ricerche e di costanti controlli. La loro bellezza e imponenza è difatti spesso accompagnata dai gravi rischi che le espulsioni possono comportare per le popolazioni che vivono alle loro pendici, e per questo motivo sistemi di monitoraggio accurati e precisi sono oggi più che mai indispensabili. 

Il nostro bel paese ne ospita in tutta la penisola almeno 12 attivi, alcuni in fase di riposo e altri invece distinti da assidue e frequenti eruzioni. A quest’ultima categoria in particolare appartiene il vulcano di Stromboli, situato nell’omonima isola all’interno dell’arcipelago delle Isole Eolie in Sicilia.

Sotto i riflettori dei massimi esperti di vulcanologia di tutto il mondo, proprio grazie alla sua peculiare attività pressoché costante, Stromboli è oggi al centro di importanti studi sullo sviluppo di programmi di early-warning e sui sistemi di allertamento per la popolazione, che stanno vedendo collaborare l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), coordinato dal dott. Eugenio Privitera, e il Laboratorio di Geofisica dell’Università degli Studi di Firenze, sotto l’attenta guida del prof. Maurizio Ripepe.

Alto circa 924 metri, sebbene la sua base si trovi oltre 2mila metri sotto il livello del mare, il vulcano di Stromboli si contraddistingue per essere uno tra i pochi ad avere un’attività eruttiva quasi perenne. Il “faro del Mediterraneo”, così soprannominato dagli esperti, è un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. in cui si alternano ripetutamente fasi di emissioni ordinarie con piccole eruzioni, le quali sono però innocue e non comportano particolari conseguenze, a fasi straordinarie con conseguenti esplosioni parossistiche e rischi tsunami, come quello che ha già investito l’isola nel lontano 2002. E proprio a partire da quella data si sono concentrati i primi rilievi e studi sui sistemi di allarme sia da parte dell’INGV che dell’Università di Firenze, dapprima in maniera individuale e successivamente attraverso un progetto sinergico e coordinato. Alla fine di dicembre del 2002, infatti, una violenta eruzione del vulcano Stromboli ha causato un maremoto con onde alte dai 5 ai 10 metri. Da quel momento, sotto la spinta della protezione civile nazionale, i due enti hanno intensificato la loro attività di ricerca per sviluppare impianti innovativi, unici al mondo e interamente made in Italy, che permettano agli abitanti dell’isola di essere costantemente allertati nel caso di rischi, non soltanto sismici ma anche di tsunami.

l progetto portato avanti dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dal Laboratorio di geofisica dell’Università di Firenze è suddiviso in quattro fasi. La prima ha come obiettivo la fusione dei due apparati individuali e delle reti geofisiche, nella seconda l’attenzione degli esperti e dei ricercatori sarà indirizzata verso lo sviluppo del sistema che gestisce l’Università di Firenze per i maremoti, fiore all’occhiello del polo didattico, in modo da renderlo più efficiente sia nell’acquisizione dei dati sia nelle modalità di allertamento.

La terza fase del programma sarà poi incentrata sulle scosse parossistiche e sulla loro analisi, mentre la parte conclusiva coinvolgerà direttamente gli abitanti dell’isola, gli operatori, ma anche i turisti e i visitatori occasionali per un’indagine sulla percezione del rischio, che porti a una progressiva sensibilizzazione e divulgazione anche grazie a materiali di tipo informativo. La collaborazione, che ha fissato al 14 agosto dell’anno prossimo la data conclusiva per il raggiungimento di tutti gli obiettivi prefissati, porta con sé l’effetto virtuoso di fondere i due personali sistemi di monitoraggio in una soluzione quanto più precisa e accurata possibile.

Quello che gli studiosi e i ricercatori di entrambi i laboratori stanno realizzando rappresenta un lavoro rivoluzionario, un complesso meccanismo che non si limiti soltanto a tracciare le scosse sismiche, ma che sia anche in grado di prevedere possibili maremoti analizzando le deformazioni del suolo vulcanico, con il compito di allertare in tempo reale gli abitanti della zona. La possibilità dunque di calcolare il rischio di tsunami e non soltanto l’attività di eruzione vulcanica è ciò che rende il programma unico al mondo.

La tecnologia messa a punto dal Laboratorio di Geofisica dell’Università di Firenze, già perfettamente funzionante dal 2008, ha permesso di rilevare tre piccoli tsunami che hanno immediatamente fatto scattare le sirene di allarme collegate al sistema di early-warning nelle isole di Stromboli, Panarea, Lipari e Vulcano. Un primato, quello raggiunto dall’Unifi, ora in collaborazione con l’INGV, che ha consentito la registrazione della prima allerta tsunami diramata da un impianto automatico secondo un censimento dell’UNESCO sui meccanismi di allertamento precoce. Un progetto, quindi, dalla portata internazionale, che mira a proteggere la vita di migliaia di persone e a tutelare la bellezza del vulcano e della sua isola.

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