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Marte, la nuova frontiera: perché non sarà la nostra seconda casa (per ora)

Marte, la nuova frontiera: perché non sarà la nostra seconda casa (per ora)

Teresa Fornaro: «Ogni giorno ricevo immagini da Marte attraverso l’obiettivo di Perseverance»

Negli ultimi cinquanta anni sono state tentate diciotto discese su Marte da parte delle principali agenzie spaziali del mondo: Roscomos, Nasa, Esa e l’indiana Isro. Il primo rover della Nasa risale al 1997 con Sojourner, poi è arrivato Curiosity lanciato nel 2011, che continua ancora oggi a trasmettere informazioni da Marte. Sul pianeta rosso la comunità scientifica sta investendo moltissimo in termini di ricerca scientifica e missioni spaziali. Abbiamo rivolto alcune domande a Teresa Fornaro, astrobiologa e ricercatrice dell’Inaf presso l’Osservatorio astrofisico di Arcetri, che ogni giorno studia la vita su Marte grazie alla solerte attività del rover Perseverance.

Nonostante sembri essere piuttosto inospitale per i terrestri, Marte potrà diventare la nostra ‘seconda casa’?

Nel 2024 la comunità scientifica europea ha discusso il tema in uno studio pubblicato da Springer, Mars and the Earthlings: A Realistic View on Mars Exploration and Settlement. Abbiamo unanimemente concluso che la ‘colonizzazione umana permanente’ di Marte non è realizzabile al momento, sia per i tempi – sarebbero necessari ancora centinaia di anni – determinati dalle attuali tecnologie a nostra disposizione, sia per i costi stimati in trilioni di dollari. Sono invece possibili missioni scientifiche di esplorazione anche se di breve durata.

Il rover Perseverance della NASA ha scattato questo selfie accanto alla roccia a forma di punta di freccia, soprannominata “Cheyava Falls”. Gli scienziati sono entusiasti di ciò che questa roccia potrebbe significare per la ricerca della vita sul Pianeta Rosso. Crediti NASA/JPL-Caltech/MSSS.

Risolvendo questi due problemi, Marte potrebbe diventare adatto alla sopravvivenza umana?

L’atmosfera su Marte è sottile. La temperatura oscilla tra i –145° e i 25° gradi (ma la media è di – 60°), la gravità è molto diversa da quella terrestre sulla quale tutte le nostre funzioni biologiche si sono sviluppate e calibrate. L’acqua nel sottosuolo c’è, a diversi metri di profondità, ma è nociva perché ha delle sostanze ossidanti. Il terreno contiene tutti i nutrienti per far crescere le piante ma andrebbe fertilizzato. Inoltre, il pianeta riceve moltissime radiazioni. Per schermare il pianeta si è pensato ad uno scudo magnetico tra Sole e Marte e di intervenire sull’aumento della temperatura, sciogliendo i ghiacci di CO2 ai poli, con un super effetto serra. Insomma, dovremmo intervenire significativamente per ‘terraformare‘ il pianeta rosso.

Curiosity, il precedente rover lanciato nel 2011, ha percorso una distanza di soli 30 km in tutti questi anni. Spostarsi su Marte è un’impresa?

Direi che con Perseverance abbiamo migliorato notevolmente le prestazioni! Curiosity come diciamo noi è una missione di scoperta ‘discovery driven‘, mentre Perseverance è una missione di campionamento. A bordo abbiamo installato un computer dedicato per la navigazione, che grazie ad una tecnologia di autonavigazione, non richiede un intervento umano continuo. Il rover è stato programmato per non fermarsi mai, neanche durante il fine settimana! Ogni tanto riposa, per bilanciare le attività più impegnative e gestire il budget energetico. Con la telecamera dedicata alla navigazione è in grado di fare lunghi tragitti e, se trova degli ostacoli, sa come aggirarli e modificare la sua traiettoria. 
Sulla Terra riceviamo delle immagini dalle sonde che orbitano intorno a Marte (ce ne sono diverse) ma non ci arrivano in tempo reale. Nel corso di una giornata possiamo ricevere i dati con una frequenza variabile. Solo quando riceviamo le immagini sappiamo cosa ha davanti il rover e gli diamo dei comandi ma nell’intervallo di tempo tra una trasmissione e l’altra è in grado di spostarsi in autonomia.

Cosa vi aspettate da questi campioni?
Entro il 2028 Perseverance avrà terminato la raccolta di campioni che via, via sta sistemando all’interno di tubi conservati nella sua ‘pancia’. Poi porterà i materiali raccolti nel punto in cui arriverà una sonda di recupero, provvista di un razzo che li lancerà alla stazione orbitante europea. Se tutto andrà bene li porterà sulla Terra entro il 2035. Speriamo di riuscirci nei tempi prestabiliti, anche se i cinesi sostengono che ci riusciranno prima di noi! In ogni caso da questi campioni ci aspettiamo delle risposte: per quello che mi riguarda se c’è (o c’è stata) vita su Marte, per altri sul ciclo idrogeologico di Marte o ancora sulla pericolosità dell’ambiente marziano per gli esseri umani.

In cosa consiste il suo lavoro di ricerca attraverso le immagini trasmesse da Perseverance, in attesa del suo ritorno sulla Terra? 

Analizzo immagini ma anche dati che arrivano dagli strumenti di bordo del laboratorio mobile di Perseverance. Nel laboratorio di astrobiologia ad Arcetri cerchiamo di interpretarli grazie alle ‘camere di simulazione’ in cui ricreiamo l’ambiente marziano, analizziamo dei simulanti del suolo marziano, con strumenti simili a quelli che si trovano a bordo del rover, così da poter confrontare direttamente i dati. I segnali che ci arrivano sono complessi: ad esempio dobbiamo capire se ci sono molecole organiche, se sono prodotte in maniera abiotica o se derivano da processi biologici che, nel caso, confermerebbero la presenza di forme di vita su Marte.

Riguardando le immagini dell’’ammartaggio‘ di Perseverance quello che colpisce è l’entusiasmo e la commozione sui volti degli scienziati. Quanti anni di studio, di lavoro, di calcoli sono necessari per una missione come questa?

Questa missione ha richiesto dieci anni di lavoro, ma non è la più lunga: ExoMars (un’altra missione dell’ESA) è in programmazione da diversi decenni. Doveva essere lanciata nel 2020, in collaborazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos, ma purtroppo, a causa dell’invasione dell’Ucraina, la partecipazione al progetto é stata definitivamente sospesa.

Lei è un’astrobiologa, studia l’origine e l’evoluzione della vita nell’Universo. Le capita ancora, dopo tanti anni di ricerca, di emozionarsi pensando all’Universo? 

Proprio osservando l’Universo ho deciso di studiare astrobiologia. Sentirsi così piccoli ma allo stesso tempo anche così speciali, per la nostra capacità di interrogarci sulla nostra esistenza, mi ha spinto a intraprendere questo percorso che ha molte implicazioni filosofiche. Trovare tracce di vita su Marte rivoluzionerebbe completamente la nostra prospettiva sull’unicità della vita sulla Terra. Per questo sono molto entusiasta di continuare a partecipare alla fase ‘estesa’ della missione come ‘co-investigatore di Supercam’, uno degli strumenti a bordo di Perseverance per la rivelazione di tracce di vita passata.

Se dovesse immaginare la Terra tra cento anni, quale scenario si immagina? 

La Terra ha attraversato numerose ere geologiche con cambiamenti climatici di diversa entità e durata; quindi sappiamo che sono fenomeni naturali e ciclici. Con la comparsa dell’Uomo, il fattore antropico ha iniziato ad avere un impatto sul pianeta, semplicemente per il fatto di abitarlo. Tuttavia, l’avvento dell’era tecnologica negli ultimi decenni è stato particolarmente significativo, tanto che oggi si parla di tecnosignature per cercare forme di vita intelligente. Sono fiduciosa che come esseri intelligenti saremo in grado di sfruttare le nuove tecnologie per curare le ferite che abbiamo inferto al nostro pianeta, che resterà a lungo la nostra unica casa!

https://inaf.it/arcetriastrobiologylaboratory

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