«La mostra dedicata a Helen Frankenthaler prosegue l’impegno a coinvolgere artisti contemporanei in un dialogo con i valori dell’arte classica»
Memoria e contemporaneità si incontrano a Palazzo Strozzi, dove è in corso la più ampia retrospettiva d’Italia su un’artista rivoluzionaria e innovativa. Helen Frankenthaler ha portato la pittura moderna ad un salto evolutivo, generando unrapporto nuovo tra colore, spazio e forma. L’esposizione svela il valore dell’amicizia e delle affinità nell’arte. Organizzata in collaborazione con la Helen Frankenthaler Foundation, a cura di Douglas Dreishpoon, la mostra si snoda in un viaggio narrativo, in corso anche alla galleria Gagosian di Roma, di diciotto opere che testimoniano gli anni di produzione più maturi della pittrice statunitense. Per meglio interpretare la parabola dell’arte contemporanea, libera dalle regole ma salda alle radici di un luogo, abbiamo intervistato Arturo Galansino direttore della Fondazione Strozzi che descrive così il percorso espositivo:
«La mostra è un percorso artistico e personale di base cronologico che racconta cinquant’anni di carriera dell’artista, rappresenta la sua vita, i rapporti con amici e colleghi e l’aspetto più formale come le sperimentazioni, le innovazioni tecniche espressive. È una mostra sul contesto e sui cambiamenti estetici e stilistici della pittrice».
C’è un filo rosso che collega le esposizioni della Fondazione Palazzo Strozzi?
Il filo rosso è cercare di rendere attuale il passato e classico il presente, facendo dialogare questi due poli. A Palazzo Strozzi diventa possibile attraverso grandi mostre di arte antica, le più importanti degli ultimi decenni, come quella di Donatello e Verrocchio sulla “maniera”. I cantieri sull’antico continuano a portare luce sul passato e prosegue l’impegno con artisti viventi a interagire con i valori classici, con una ricerca sull’arte moderna. Tutto è tenuto insieme dalla qualità, cerchiamo di andare su strade diverse aprendo nuovi punti di vista.
Quale è secondo Lei la funzione che oggi devono svolgere gli spazi culturali?
Dipende dalle istituzioni e direi che non esiste un solo modo di gestire un museo. Siamo un centro espositivo senza collezione, ma i nostri principi sono gli stessi, promuovere una sostenibilità a vari livelli, integrarsi nel tessuto sociale economico e cittadino, accessibilità e inclusività, raggiungere molteplici target di pubblico. Vogliamo parlare a tutti, giovani e anziani e cercare di “sfidare le regole” attraverso un approccio nuovo, portando un messaggio che sia una voce unica e caratterizzante.
Direttore la sua direzione artistica sta raggiungendo il decimo anno a Palazzo Strozzi. Come sta vivendo questa sua esperienza professionale?
Fino ad ora è stato tutto molto emozionante e di grandissima soddisfazione, perché con il nostro team abbiamo davvero cambiato l’identità della Fondazione che è diventata il più importante spazio espositivo d’Italia a livello internazionale, ma abbiamo anche cambiato l’identità della città di Firenze, dove non si erano mai dedicati spazi all’arte contemporanea. Abbiamo portato i più grandi nomi con risultati incredibili. La città è tornata ad essere un luogo di ‘sperimentazione culturale’ in cui gli artisti creano e portano qualcosa di nuovo, dialogando con il luogo, i valori dell’Umanesimo e del Rinascimento. Le mostre hanno raggiunto un numero importante di visitatori, creando un indotto importante, direi in direzione opposta a quella che ha scelto la città. Palazzo Strozzi non è una trappola per turisti, ma un impegno culturale e sociale verso i giovani e anche verso quelle fasce di pubblico fragili che non dimentichiamo. Siamo felici di aver creato un modello unico in Italia.