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Morgane Lucquet Laforgue: Sant’Orsola e Monna Lisa un legame ritrovato

Morgane Lucquet Laforgue: Sant’Orsola e Monna Lisa
un legame ritrovato

Proveniente dall’arte moderna e con una formazione che spazia tra Francia e Italia, Morgane Lucquet Laforgue è curatrice e direttrice del Museo Sant’Orsola a Firenze e la sua presenza crea un affascinante legame simbolico tra la Gioconda di Leonardo, conservata al Louvre, e la figura di Monna Lisa, probabilmente sepolta nella chiesa benedettina di Sant’Orsola. Storica dell’arte specializzata in Rinascimento, arazzi antichi e dipinti, porta uno sguardo giovane e internazionale, capace di offrire nuove prospettive per una fruizione più ampia, versatile e consapevole dello spazio museale.

Oltre che la direttrice di Sant’Orsola è stata curatrice di numerose mostre. Come sceglie gli artisti? 

Provenendo da un contesto artistico distante dal contemporaneo, continuo a operare come una storica dell’arte moderna. Mi interessa innanzitutto l’oggetto artistico, la maestria di un artista nel padroneggiare una tecnica e nell’inventarne di nuove, così come il suo rapporto con la materia con cui lavora. Trovo affascinante la figura dell’artista, perché rappresenta in qualche modo un modello esemplare. Tuttavia, non basta la sola abilità tecnica: l’artista deve possedere quel “genio”, un’idea e una voce personale, per trasmettere un messaggio. Alcuni temi di riflessione mi sembrano più rilevanti di altri, come le lotte sociali e la relazione dell’uomo con ciò che lo circonda e lo sovrasta, ovvero la natura.

C’è un personaggio della scena culturale a cui si ispira?

Più di una direi! Cecilia Alemani che ha curato la fantastica biennale del 2022 e dimostrato alla scena internazionale che “la più grande arte di oggi è in larga parte realizzata da donne”. Vittoria Matarese, non vedo l’ora di scoprire la Bally foundation, o ancora Chiara Parisi che è stata direttrice della programmazione di arte contemporanea della Monnaie de Paris.

Immagina una linea innovativa di gestione di uno spazio museale?

Il museo sarà un’istituzione privata ospitata in un edificio pubblico di proprietà della città metropolitana di Firenze, situato nel cuore di un complesso rinnovato e ricco di servizi e attività. Questo contesto richiederà inevitabilmente una gestione particolare. La mia visione è quella di sviluppare una narrazione diversa, che crei un legame tra antico e contemporaneo, affrontando anche temi come la condizione femminile. Una volta aperto al pubblico, il museo sarà gestito dalla Fondazione Artea-Storia. L’obiettivo è stabilire collaborazioni privilegiate con le altre realtà presenti nel complesso, permettendo al museo di espandersi oltre le sue mura, anche in sinergia con la Francia.

Dal percorso della mostra Rivelazioni, 28 giugno-27 ottobre 2024. Veduta interna del convento. I disegni della serie Aure sono dell’artista Marta Roberti.

Il suo nuovo incarico come direttrice di un luogo culturale in corso di riqualificazione è anche una sfida. Come lo affronta ogni giorno?

Certamente è una sfida, bisogna capire come interfacciarsi con le persone che vogliono entrare in contatto con Sant’Orsola e con la gente del quartiere. Sicuramente Sant’Orsola non sarà un cantiere chiuso su stesso. 

Secondo Lei che ruolo dovrebbero svolgere i musei di arte contemporanea nella società di oggi? 

Credo che un museo del XXI secolo debba essere un luogo di dibattito, aperto a tutti e al servizio della società, un ambiente di riflessione oltre che di contemplazione. Un luogo in cui si entra e si esce arricchiti, avendo sentito o imparato qualcosa, e che si desidera visitare nuovamente. È fondamentale anche l’attenzione all’impatto ambientale, con musei a ‘zero rifiuti’ in cui tutto ciò che viene prodotto e non più utilizzato (come scenografie, pannelli didattici e materiali di comunicazione) viene riutilizzato o trasformato. Infine, immagino un museo polifonico, aperto ad altre discipline artistiche e a collaborazioni culturali e sociali, con un approccio trasversale alle collezioni. In sintesi, un museo aperto e inclusivo.

Gaia Carnesi

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