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Ferri per curare Dall’antichità alla robotica

Ferri per curare
Dall’antichità alla robotica

La chirurgia tra storia e innovazione

Dagli strumenti etrusco-romani fino alla moderna robotica ripercorrendo la storia e l’attività dell’Ospedale di San Giovanni di Dio; la mostra Ferri per curare visitabile fino al 9 maggio ospitata presso la Biblioteca Marucelliana, diretta da Silvia Castelli, è dedicata alla storia dell’attività chirurgica svolta nell’antico ospedale di San Giovanni di Dio, istituzione ospedaliera di eccellenza per le branche di chirurgia generale, urologia, oculistica e cardiochirurgia fino al 1983, anno della sua chiusura.

Astuccio contenente 16 pezzi fra strumenti chirurgici ed altro materiale appartenuto al Prof. Ferdinando Zannetti, prima metà sec. XIX (Fondazione Giovanni Spadolini Nuova Antologia, Firenze).


Una occasione per ripercorrere la storia chirurgica toscana e non solo, attraverso testimonianze archeologiche, documentarie e librarie così da far emergere quel progresso teorico e tecnico di ambito medico-chirurgico della nostra Regione. Il percorso filologico si snoda lungo quattro sezioni, la parte più antica che abbraccia le conoscenze e gli strumenti del periodo etrusco-romano, lo sviluppo dello studio anatomico, la chirurgia militare e infine quella del futuro, con l’avvento della robotica.

«L’Ospedale di San Giovanni di Dio nasce alla fine del Trecento, per volontà della famiglia Vespucci che lo fa edificare a sue spese» – spiega Claudia Tripodi medievista e diplomata in Archivistica, paleografia e diplomatica presso l’Archivio di Stato di Firenze: «Nel 1400 il committente Simone di Piero Vespucci (un avo del navigatore, presumibilmente il primo ad avere accumulato ricchezze e visibilità significative in città) ne lascia la gestione in affidamento alla società del Bigallo. L’Ospedale di Ognissanti – in origine Santa Maria dell’Umiltà, oggi noto sotto il nome di San Giovanni di Dio – sarà destinatario di lasciti da parte di membri della casa dei Vespucci almeno per l’intero secolo successivo.»

A Esther Diana, curatrice della mostra e del catalogo insieme a Francesco Tonelli  abbiamo chiesto come è nata l’idea di collegare in un unico percorso espositivo conoscenze chirurgiche così lontane nel tempo.

L’idea è nata dalla volontà di raccontare la storia dell’antico Ospedale di San Giovanni di Dio che è in attesa, ormai da decenni, di una nuova destinazione di uso. Con questa mostra ripercorriamo l’eccellenza di questo ospedale, soprattutto nella chirurgia e  che – vogliamo ricordare – negli anni 1957-58 è stato l’unico ospedale in Italia, insieme al Niguarda di Milano, ad avere la macchina cuore-polmone per gli interventi a cuore fermo.

Durante la realizzazione di questo progetto, ci sono stati strumenti che l’hanno particolarmente colpita?

Sicuramente gli strumenti dell’epoca etrusco-romana, perché alcuni di questi sono ancora presenti nelle nostre sale operatorie, seppur con qualche modifica. Solo a partire dal Settecento, con l’avvento dell’Illuminismo, si inizierà a diversificare la strumentazione per adeguarsi alle branche specialistiche.

Oltre al progresso tecnico, la mostra invita a riflettere sul ruolo sociale degli ospedali come istituzioni di cura per le comunità. In che modo la storia della sanità può aiutarci a comprendere meglio le dinamiche sociali e culturali attuali?

La storia della sanità presenta scenari e interessi che possono cambiare ma le circostanze restano le stesse. Possiamo dire che San Giovanni di Dio era un ospedale per ricoveri ‘veloci’ specializzato nel ridurre il picco febbrile e, a partire dal 1650 in poi, riservato a persone appartenenti all’entourage della corte granducale e ai suoi subalterni come contadini, paggi, camerieri, vinattieri e cocchieri. Fino al 1936 le donne non avevano accesso all’ospedale perché gestito dai monaci e a loro era destinata solo una infermeria. Negli altri ospedali fiorentini di Santa Maria Nuova, San Matteo e San Bonifazio venivano invece ricoverati i malati cronici, persone con disabilità o con patologie psichiatriche che necessitavano di lunghe degenze.

L’applicazione dell’intelligenza artificiale in campo medico-chirurgico sta portando ad una progressiva sostituzione dell’Uomo. Come si immagina gli ospedali del futuro?

Mi auguro che negli ospedali del futuro non si rinunci all’umanità e che la tecnologia non sostituisca mai l’uomo. Anche se oggi la camera ibrida consente l’intervento di più professionisti e la massima specializzazione in unica stanza, la priorità deve sempre restare la considerazione del malato.

Ferri per curare dal 14 febbraio al 9 maggio 2025, Biblioteca Marucelliana.

L’esposizione si avvale del patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Firenze, del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Firenze, dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della prov. di Firenze, dell’Avis Toscana, del Comitato Fiorentino per il Risorgimento, della Fondazione Ames-San Giovanni di Dio, del Rotary Fellowing of Old and Rare Antique Books and Prints.

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