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Polis e Utopia La Città raccontata dalle Arti a Villa Bardini

Polis e Utopia
La Città raccontata dalle Arti
a Villa Bardini

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.

(Italo Calvino, Le città Invisibili)

Giovanni Michelucci, Elementi di città, prospetto, 1971. Penna, pennarello e inchiostro su carta, cm 25 x 35. Centro di Documentazione Giovanni Michelucci, Musei Civici, Pistoia.

La Polis rappresentava nell’antica Grecia il cuore dell’identità collettiva ed espressione di rinnovamento così come l’Urbs Romana era il centro del mondo, culturale ed economico, e non rappresentava solo un insieme di costruzioni e strade, ma era il simbolo della vita politica, sociale e civile. Se vogliamo avere un’idea dell’interpretazione del concetto di città attraverso le arti in un continuo scambio tra equilibrio, simmetrie, visioni e sogni, fino al 19 gennaio è possibile visitare a  Villa Bardini la mostra «OltreCittà. Utopie e realtà. Da Le Corbusier a Gerhard Richter».

La mostra, curata da Bruno Corà, Lucia Fiaschi, Claudia Maria Bucelli e Silvia Mantovani, è inedita ed esplora il rapporto tra arte e urbanizzazione, concentrandosi sulla connessione tra spazio intimo e collettivo, in un viaggio diffuso che celebra la poetica della Città, invitandoci a riflettere sulla dimensione urbana, dove la cultura dell’abitare offre una prospettiva sull’identità stessa.

Attraverso i linguaggi espressivi di pittura, architettura, musica, fotografia, scrittura, grandi artisti del Novecento sviluppano la propria visione dello spazio cittadino come partitura, tela, melodia, conferendogli personalità umane distinte, descritte nelle dodici sezioni di allestimento che ne evidenziano tratti come la ribelle, l’utopica, la desiderata, la cinematica.

Simbolo dell’intera esposizione è l’opera inedita del pittore tedesco contemporaneo Gerhard Richter dal titolo Firenze III/XII, realizzata nel 2000 e parte di una serie di dodici opere (übermalte Fotografien), in cui un convenzionale paesaggio cartolina viene sovrascritto e reinterpretato attraverso pennellate di colore, che comunicano il movimento e la velocità. Dunque una astrazione del luogo urbano, la stessa che ritroviamo anche in Case in costruzione di Boccioni dove suoni urbani e un vento vitale vengono restituiti attraverso un fermo immagine cromatico. La città può essere una fenice che risorge dalle sue ceneri come Gibellina, rappresentata dal Cretto bianco di Alberto Burri che rimanda alla sua versione maggiore, situata nella vecchia città siciliana distrutta da un terremoto nel 1968. L’artista, in un intervento di riqualificazione, non scelse di ricostruire la città, ma preferì mantenere quel segno di distruzione, adoperando lo stesso cemento utilizzato nelle strade dell’antica Gibellinaoggi luogo fantasma, apparentemente afono, dove però è ancora possibile perdersi nei suoi sentieri silenziosi.

Gerhard Richter, Firenze (III/XII) (ubermalte Photographien), 2000. Olio su fotografia a colori cm 12 x 12. Collezione Serena e Paolo Gori, Prato.

La città, nella sue più libere forme di immaginazione, è anche Utopia, in pieno contrasto con la razionalità, il rovescio della medaglia, come testimoniano alcune opere presenti in mostra, appartenenti al Monumento continuo del gruppo fiorentino Superstudio, movimento radicale nato in Italia negli anni ’60-’70. Nel periodo dell’Età dell’Oro, considerato dagli storici come la fase di crescita più lunga e intensa dei paesi industrializzati, e negli anni dello sbarco sulla Luna, anche l’architettura propose una visione futurista dello spazio cittadino, senza confini e in continuità con l’interplanetario, dove tutto nella progettazione di un luogo sembrava possibile, terreno vergine per l’immaginario, per il futuro.

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