«I musei archeologici: luoghi di contemporaneità»
Intervista al nuovo Direttore del Museo Archeologico di Firenze Daniele Federico Maras
Il museo Archeologico di Firenze è come la Chimera che ospita, una creatura fantastica con un’unica natura e diverse anime: il museo Egizio, il topografico Etrusco, il collezionismo granducale, il museo dell’arte classica. Nell’intervista, il nuovo Direttore Daniele Federico Maras racconta il suo impegno per restituire alla città il suo museo, a sessant’anni dall’alluvione che lo danneggiò gravemente.
Direttore Maras, la sua esperienza professionale la vede protagonista in molteplici ruoli: archeologo, redattore, docente in ambito universitario, curatore artistico. Cosa l’ha spinta ad accettare questa nuova sfida al MAF?
Per un etruscologo, la direzione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze è un sogno che si avvera. È uno dei luoghi in cui la ricerca contemporanea si è formata, legato al ruolo che gli Etruschi hanno svolto nella costruzione dell’identità storica e culturale a partire dall’unità d’Italia. Sono convinto che le esperienze maturate negli anni contribuiranno alla crescita del Museo, assieme all’eccellente squadra di funzionari che ho trovato ad attendermi qui a Firenze.
Sono previsti nuovi progetti in collaborazione con altri musei italiani di rilievo, come l’Egizio di Torino, per valorizzare il patrimonio archeologico italiano?
I miei primi mesi di attività alla guida del Museo sono stati all’insegna della collaborazione con altri istituti e musei italiani e internazionali. Con Torino sono state gettate le basi per una preziosa collaborazione di ricerca, anche in occasione del prossimo bicentenario, con Napoli stiamo lavorando alla connettività digitale, con Villa Giulia abbiamo realizzato un percorso etrusco interregionale che va dalla Campania all’Emilia Romagna. Inoltre siamo stati invitati a partecipare a progetti internazionali con il British Museum, la National Gallery di Washington e il Legion of Honor Museum di San Francisco.

La digitalizzazione dei materiali è una delle grandi sfide per i Musei di tutto il mondo. Nel tempo allontanerà il pubblico dalla visita ‘in presenza’?
La digitalizzazione è un potente strumento di documentazione e favorisce l’accostamento dei giovani all’archeologia e all’arte antica. La visita in presenza però offre un rapporto diretto e immediato con il patrimonio culturale: non potrà mai essere sostituita da esperienze virtuali o da remoto.
In che modo i musei archeologici possono comunicare la modernità delle civiltà antiche e con quali strategie?
Benedetto Croce scriveva che “la storia è sempre contemporanea”. Il nostro compito è quello di renderla visibile attraverso gli oggetti del passato e offrire ai visitatori la possibilità di incontrare le persone dell’antichità e dialogare con loro attraverso il velo del tempo. Anni fa ho letto una frase anonima che trovo di grande ispirazione: “l’archeologo scava nella terra e trova delle storie”.
La Donna Etrusca è stata al centro di molte sue ricerche. Cosa distingue la donna etrusca dalle altre civiltà antiche e perché la sua immagine è ancora così attuale?
La libertà e intraprendenza della donna etrusca potrebbero far pensare ad un femminismo ante litteram. In realtà le donne, anche se non era concesso loro di partecipare alla vita politica, erano soggetti giuridici attivi, avevano proprietà personali, gestivano gli affari propri e della famiglia e parlare a proprio nome. Questo le rendeva parte attiva e vitale della società etrusca.
Alla luce dei recenti ritrovamenti etruschi a San Casciano dei Bagni lo scorso novembre, cosa abbiamo scoperto sul rapporto tra sacro e quotidiano nella civiltà etrusca che ancora non conoscevamo?
Le straordinarie scoperte archeologiche di San Casciano dei Bagni sono il risultato di un approccio interdisciplinare nella ricerca archeologica e cambieranno per sempre la comprensione della ritualità e del sacro nel mondo etrusco e romano. Sono stati ritrovati componenti organiche delle offerte (uova, pigne, legno) nel luogo in cui sono state deposte, dando la possibilità agli studiosi di conoscere nuovi aspetti della spiritualità degli etruschi insieme ad alcune pratiche di medicina religiosa e ‘magica’.
Le sue esperienze di ricerca all’estero le hanno offerto prospettive diverse sullo studio e la valorizzazione del patrimonio culturale?
Lavorare in campo internazionale offre il vantaggio di aprire la mente e allargare la prospettiva. L’esperienza statunitense mi ha spinto ad approfondire il significato dei valori culturali del patrimonio archeologico. Nei musei americani ho imparato che, qualunque sia l’epoca dei reperti mostrati, i visitatori entrano in empatia con gli oggetti quando ricordano loro esperienze della vita quotidiana. Questo è il mezzo per stimolare l’interesse e veicolare il messaggio di promozione culturale e la mediazione culturale è una delle funzioni principali dei musei.
Quali strategie adotterà per riportare al centro della vita culturale fiorentina il Museo Archeologico e per convincere i turisti a visitarlo?
L’offerta culturale di Firenze va oltre il Rinascimento. Con le sue collezioni il Museo racconta la storia più antica del luogo e del suo contesto regionale etrusco, fino alle glorie della Florentia romana. È anche un polo di ricerca per l’etruscologia, l’egittologia, la preistoria e il restauro, con una vasta biblioteca scientifica, che dal 3 febbraio è aperta al pubblico, grazie al supporto degli Istituti di Studi Etruschi e di Preistoria e Protostoria. Il legame con i Fiorentini riparte da questa lunga storia, che abbiamo voluto veicolare con gli hashtag: #firenzeeilsuomuseo e #firenzecapitaleetruscaditalia.
Esiste un valore chiave di queste culture antiche che ancora oggi potrebbe ispirare la società contemporanea?
Le lezioni che possiamo trarre dal passato sono molte e importanti. La prima è forse la sostenibilità, perché tutte le culture antiche sono state sostenibili, per secoli e millenni in armonia con l’ambiente. Inoltre, la varietà culturale documentata dall’archeologia è prova di rispetto e valorizzazione delle diversità. Sono valori che oggi vanno protetti con apposite normative, ma che nell’antichità trovavano posto spontaneamente nella società.